Durante la quarantena COVID19 il Lago di Garda si era spogliato quasi del tutto della presenza umana, lasciando libero arbitrio ai cigni che stavano nidificando, al cannareccione che con canto incessante dava il benvenuto al sole, agli svassi che iniziavano i loro corteggiamenti e poi ai germani reali, folaghe, gallinelle d’acqua, pesci che arrivavano in banco sulla costa… una natura ricca, che festeggiava un insolito e per loro prezioso periodo di calma e di esclusività di un ecosistema ricco come quello del Lago di Garda. L’opportunità di avere nel nostro territorio un bacino di acqua dolce è un dono davvero grande, senza acqua la vita non esisterebbe e poco basta per contaminarla colpendo con essa gli animali che da lei dipendono, noi compresi. Basti pensare ai danni provocati dalla fuoriuscita di “scarichi abusivi” in particolare di impianti fognari che più volte è stato accertato sulle rive del lago o ancora lo smaltimento illegale di rifiuti gettati nelle acque invece di essere conferiti negli appositi centri di smaltimento.
Credo fermamente che non ci debba essere un virus per permettere che la Natura esprima rigogliosa il suo canto e che, nonostante episodi di incivile convivenza, ci sia una moltitudine di persone che sappia guardare con occhi amorevoli e comportamenti rispettosi, ad uno dei beni più preziosi: l’acqua e tutta la vita che con essa porta.
Le storie riportate nell’articolo precedente parlano di atteggiamenti distratti e forse non consapevoli, che provocano gravi sofferenze, ma anche di sguardi attenti che hanno saputo prendersi carico di quella sofferenza segnalandola a chi poteva intervenire per curare. E’ esattamente quello sguardo che va allenato, un vedere che non deve rimanere sterile e immobilizzato magari sopraffatto dall’ impotenza, o dal pensiero “mah si, ci penserà qualcun altro”. Quel grido di aiuto ci viene chiesto a noi che siamo lì in quel preciso istante, ed agire o non farlo può divenire determinante per fare la differenza. E’ quello sguardo che va ad attivare quelle energie in noi, che tutti abbiamo magari sopite o finora inespresse, che ci spingono ad agire prendendo su di noi la responsabilità di quella vita che senza il nostro intervento potrebbe rimanere in agonia fino al sopraggiungere anche della morte. E’ in quel momento che noi stiamo creando la storia che può concludersi felicemente o meno, a seconda delle scelte che faremo in quell’ istante. Solamente quando sentiamo nostro qualcosa, che ci riguarda e ci appartiene e che in qualche modo esprime una parte di noi – sia essa bellezza, gentilezza, stupore, meraviglia- che può scattare quel senso di responsabilità, di sollecitudine e cura di cui a gran voce sta chiedendo il pianeta Terra.
Ecco allora che le mani di un pescatore porteranno attenzione a raccogliere i materiali propri e quelli accidentalmente lasciati da altri, che un passante raccoglierà la plastica e il vetro di una bottiglia rotta che incontrerà al suo passaggio e che un bambino metterà in tasca la carta di una caramella invece di gettarla a terra, perché avremo finalmente compreso che la Natura è la casa di tutti, nostra, degli animali, delle piante che la popolano e che solo attraverso il nostro sguardo e le nostre azioni orientate al rispetto della Vita, permetteremo di far splendere quel Paradiso che già abitiamo.
Elena Carletti